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Occhio Secco

Occhio Secco (XEROFTALMIA)

La cornea e la congiuntiva costituiscono la “superficie oculare” e, in condizioni normali, mantengono le loro caratteristiche strutturali superficiali soprattutto perché una continua produzione di lacrime le tiene “bagnate” fornendo sostanze nutritizie, lubrificando, evitando l’attrito da parte delle palpebre, creando una superficie regolare sulla cornea che garantisce una visione ottimale.

Le lacrime sono composte da una parte lipidica (grassa), prodotta dalle ghiandole situate sul bordo palpebrale e una parte acquosa, secreta da ghiandole poste sulla congiuntiva e dalla ghiandola lacrimale, la ghiandola più grande, posta all’interno dell’orbita.

La secchezza oculare è una evenienza frequente legata a molte, diverse condizioni.

La sintomatologia è caratterizzata da bruciore, sensazione di corpo estraneo, sabbia, secchezza accentuata in alcuni momenti della giornata o in certe condizioni, ad esempio giornate ventose, lavoro in ambienti con aria condizionata o riscaldamento, lavoro al computer.

La sindrome dell'occhio secco

Si può realizzare per un eccesso di evaporazione, se si riduce la componente lipidica, o per una riduzione della produzione delle ghiandole lacrimali.

Venendo meno la funzione di lubrificazione e protezione sulla superficie oculare si creano delle microulcere che determinano la sintomatologia di fastidio più o meno intenso a seconda della gravità e disturbi anche sulla vista.

Le donne nell’età della menopausa sono le più colpite; a rischio sono i portatori di lenti a contatto per tempi prolungati. Alcuni farmaci, come gli antidepressivi, possono accentuare la sintomatologia così come lavori in ambienti con aria condizionata o riscaldamento.

L’occhio secco talvolta si associa a una riduzione della salivazione (BOCCA SECCA o XEROSTOMIA) in tal caso si parla di SINDROME DI SJOGREN, che può essere secondaria se si associano alterazioni di tipo reumatologico, con esami ematologici specifici alterati o manifestazioni cliniche di una malattia reumatologica, oppure primitiva se si presenta non associata a malattie sistemiche.

La diagnosi nasce innanzitutto da una anamnesi che, spesso, è sufficiente.
A completamento e per cercare di quantificare l’entità della malattia esistono alcuni esami strumentali:

TEST DI SCHIRMER
Consiste nell’inserire delle striscioline di carta bibula all’interno delle palpebre e valutare in 5 minuti quanto si bagnano.

COLORANTI VITALI
Fluoresceina e Verde di Lissamina, vengono instillati nel sacco congiuntivale; uno si distribuisce sulla superficie ed evidenzia le alterazioni della copertura della congiuntiva e della cornea, l’altro colora le zone di tessuto in sofferenza che, di solito, nell’occhio secco si dispongono nella parte che rimane esposta all’ambiente esterno.

Break up time (B.U.T.)

Valuta quanto rapidamente il film lacrimale (lo staro di lacrime che copre la cornea) si altera.

E’ possibile farlo solo con una valutazione soggettiva al biomicroscopio o con una determinazione oggettiva con lo stesso strumento con cui si effettuano le topografie corneali.

Valutazione delle ghiandole di Meibomio

È possibile una valutazione del numero delle ghiandole presenti sulla superficie interna della palpebra inferiore determinando l’area coperta e, indirettamente, la funzione residua.

Biopsia mucosa labiale

Per confermare una Sindrome di Sjogren, una biopsia della mucosa labiale può evidenziare degli infiltrati di tipo infiammatorio di varia entità; è da riservare alle forme in cui la componente reumatologica è fortemente sospetta.

Terapia

A seconda dell’entità dei disturbi, della significatività degli esami, ma anche della qualità della vita correlata al lavoro effettuato, agli hobbies, si deve modulare l’approccio terapeutico che prevede soprattutto l’utilizzo di sostituti lacrimali (LACRIME ARTIFICIALI) in forma di collirio tradizionale o, preferibilmente come monodose.

Ne sono presenti sul mercato un numero rilevante con principi attivi diversi, monodose o multidose, con viscosità maggiore o minore; per quanto possibile andrebbero modulati in base al quadro clinico.

Se il quadro infiammatorio è presente in modo significativo è opportuno associare dei colliri cortisonici, con scarsa penetrazione per non avere effetti collaterali sul tono.

Per i casi più severi si può pensare ad una terapia con colliri che derivano dal plasma.